Biellettrico – Il Biellese elettrico 1882-1962: dalla prima scintilla all’ENEL
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- Biellettrico: nuove scoperte sull’elettricità nel Biellese
Biellettrico: nuove scoperte sull’elettricità nel Biellese
[da “Eco di Biella” del 18 settembre 2023, testo di Danilo Craveia]
Dopo due mesi dall’apertura, “Biellettrico”, la mostra allestita dalla Fabbrica della Ruota dal DocBi e dell’Elettrotecnica Vallestrona, si appresta a vivere le ultime intense settimane. Questi mesi estivi di apertura ecomuseale hanno fatto registrare una buona affluenza per un tema non solo storico, ma anche molto attuale. Oltre ad altri appuntamenti ancora da definire in dettaglio, sono già in programma la presentazione del volume curato da Danilo Craveia e gli spettacoli teatrali realizzati con Teatrando. L’elettricità biellese è protagonista di questo inizio d’autunno. Il libro, ben di più del semplice catalogo della mostra, sarà presentato venerdì 22 settembre alle 16.30 presso l’Unione Industriali Biellesi. Ingresso libero. Sarà l’occasione per una interessante narrazione del fenomeno dell’elettrificazione del Biellese avvenuto tra il 1882 e il 1962, epoca della nascita dell’ENEL. Il teatro, invece, si farà elettrico alla Fabbrica della Ruota nei weekend dell’8 e del 15 ottobre. L’elettrificazione del Biellese, in effetti, è stata un grande romanzo ancora in buona parte da scrivere, ma è stata anche uno straordinario susseguirsi di eventi che Teatrando, con i testi di Danilo Craveia, porterà in scena con il suo stile dinamico e coinvolgente.
La ricerca che ha portato alla realizzazione della mostra “Biellettrico. 1882-1962, dalla prima scintilla all’ENEL” e alla redazione del volume dedicato all’elettrificazione del Biellese aveva evidenziato, già in fieri, molteplici aspetti storiografici che sarebbe opportuno indagare. E non solo in seno al DocBi, ma anche per gli altri collaboratori/prestatori che hanno prodotto i contenuti visibili sul portale della Rete degli Archivi Biellesi: quello di Anna Bosazza per la Biblioteca Civica di Biella, quelli di Barbara Caneparo per il Centro di Documentazione della Camera del Lavoro e per il Comune di Sordevolo, quelli del DocBi ecc. Si era subito concretizzata la consapevolezza sul fatto che, continuando a cercare, altri ancora sarebbero stati gli spunti di riflessione, i percorsi di analisi e gli approfondimenti meritevoli. In altre parole, c’era e c’è ancora molto da dire sull’argomento. Così, alla metà circa del cammino (la mostra chiuderà alla fine di ottobre), ecco che si può fare non tanto un bilancio, quanto piuttosto un aggiornamento segnalando alcune novità che vanno a sommarsi alle conoscenze già acquisite. Si può partire dal misterioso abate Rambert, sacerdote savoiardo vissuto a cavallo tra Sette e Ottocento.
Uomo di Chiesa, ma anche di scienza, il prete (del quale si ignora il nome di battesimo) si interessò di meteorologia (pubblicò le sue Observations météorologiques faites dans le département des Deux- Sèvres, depuis le 22 août jusqu’au 21 septembre 1811, il Dipartimento Deux- Sèvres si trova tra Poitiers e La Rochelle), di sismologia, di astronomia (si fece notare per la sua Description d’un globe de feu qui a paru à Alexandrie en 1805) e di fisica in generale. Non deve ingannare il fatto che fu anche docente di filosofia, perché con quel termine, nella sua epoca, si indicava un professore che non spiegava solo il pensiero degli antichi sapienti, ma anche il sapere tecnico e scientifico a lui contemporaneo. Naturalmente l’abate Rampert si occupò anche di elettricità. Sue, per esempio, le Observations sur les contractions musculaires produites par le galvanisme, e anche la Memoria sulla utilità dei Paragrandini, e principj sui quali sono essi fondati; dove trovasi pure tutto ciò che è necessario di fare, onde preservare le campagne dalla brina; li fabbricati, dal fulmine; il grano dal carbone, e le viti dal bruciore. All’epoca, i primi anni dell’Ottocento, don Rambert era membro corrispondente della Regia Accademia delle Scienze di Torino e dell’Ateneo di Niort. Ma quale fu il suo rapporto con il Biellese? Il “Giornale del Regno delle Due Sicilie” del 16 giugno 1826 informava che: “ci è caduto sott’occhio il numero 22 di un giornale che si stampava a Vercelli nel 1803, in cui si legge, sotto la data del 21 di gennaio di quell’anno, un saggio del signor Sacerdote Rambert in quel tempo Professore di Filosofia a Biella, corrispondente della R. Accademia delle Scienze di Torino, ed ora Cappellano e Sacro Oratore del Ven. Monastero del Sacro Cuore di Gesù in questa capitale, sopra la cagione de’ temporali, e sopra alcuni mezzi di prevenirli”. Con tutta probabilità il monastero indicato era il monastero del Sacro Cuore di Moriondo di Moncalieri, ma è un dettaglio. Quel che conta è che il “saggio” sui temporali fu scritto a Biella.
Lo studio biellese dell’abate Rambert, che conosceva le ricerche di Benjamin Franklin, merita una citazione. “Siccome è dovere del Filosofo di rivolgere ingegnosamente gli studi suoi a vantaggio comune, così per tal fine ho pensato di proporre alcuni mezzi di riparare la tempesta, l’esecuzione dei quali, quantunque un po’ dispendiosa, non potrebbe essere sufficientemente raccomandata. Essendo lo sbilancio della elettricità delle nuvole l’unica causa del folgore, e quindi della pioggia temporalesca, poichè, quando ha luogo, il gas idrogeno trovandosi nelle parti superiori dell’atmosfera unito al gaz ossigeno si accende e dà acqua, parmi che facendo erigere in ciascun comune un numero sufficiente di conduttori del fulmine a sottili punte dorate, posti ad opportune distanze nei luoghi più elevati, non solamente si scaricherebbe l’ampio apparato elettrico della natura senza scoppio, perciocchè allora quanto la elettricità si radunerebbe per eccesso nella regione delle nuvole, altrettanto ne passerebbe insensibilmente nella terra lo ristabilimento dell’equilibrio, ma, e questo è il più importante, l’infiammazione del detto gas non potrebbe più farsi. Con questo semplice artificio io penso che si diminuirebbe necessariamente la frequenza delle grandini devastatrici, e se ne impedirebbero forse anche tutti i malefici effetti”. Il soggiorno del professor Rambert a Biella deve essere stato piuttosto breve (nel 1805 era già a Casale), ma resta traccia di una significativa osservazione di carattere elettrico che testimonia anche una certa consapevolezza scientifica circa la natura dei fulmini e sulla “differenza di potenziale” in quel grandioso condensatore piano che è formato dal cielo e dalla terra.
Di tutt’altra epoca e di tutt’altra tipologia è, invece, la “storia nella storia” degli elettricisti biellesi all’avvento del Fascismo, specialmente dal punto di vista sindacale. Prima che si costituisse la FIDAE Federazione Italiana Dipendenti Aziende Elettriche nel 1919, gli “elettrici” piemontesi, e quindi biellesi, dipendenti della SIP Società Idroelettrica Piemonte e dell’EAI Elettricità Alta Italia, si erano uniti sindacalmente agli operai metallurgici ottenendo non solo le agognate otto ore, ma anche vantaggi salariali. La categoria stava assumendo un ruolo sempre più rilevante e il presidio degli impianti di produzione elettrica diventava ogni giorno di più un asset strategico. Nel maggio del 1919 la situazione generale restava piuttosto tesa e anche gli elettricisti biellesi scelsero la via dello sciopero per consolidare i diritti acquisiti, per acquisirne di nuovi e per sostenere gli altri comparti in agitazione. Il 12 luglio 1919 gli elettricisti, gli elettrotecnici e tutti i dipendenti delle aziende elettriche biellesi furono invitati alla Camera del Lavoro (all’epoca in via Mazzini) per ricevere importanti comunicazioni relative alla loro categoria. A livello nazionale si era costituita la FIDAE ed era naturale che anche nel Biellese si fosse aggiornati in merito. La FIDAE, come spiega Renato Coriasso nei suoi due bei volumi dedicati al sindacato degli elettricisti (si possono consultare presso il Centro di Documentazione della Camera del Lavoro di Biella, che conserva anche l’archivio della sezione biellese della FIDAE-FNLE Federazione Nazionale Lavoratori dell’Energia) era nata a Roma nel giugno del 1919 staccandosi dalla FIOM e nei mesi successivi il “federalismo elettrico” si diffuse in tutto il paese. Il periodo era indubbiamente difficile. L’Italia, per quanto vittoriosa, usciva a pezzi dalla Grande Guerra e l’instabilità politica e sociale aveva, come noto, effetti gravi su tutti e su tutto.
Il 31 gennaio 1920 fu convocata una riunione sindacale presso la Casa del Popolo (la suddetta sede di via Mazzini, dove oggi c’è il cinema) per comunicare agli associati l’applicazione del “concordato per gli operai specialisti” nazionale in Piemonte. Si trattava di un contratto che non piaceva agli “elettrici”, tant’è che si dovette attendere ancora qualche mese per un accordo tra la FIDAE e la AEIE Associazione Esercenti Imprese Elettriche, con la mediazione del Ministro del Lavoro Arturo Labriola (il “lodo” tra capitale e lavoro fu sottoscritto il 28 luglio 1920). Resta da definire la data di nascita della sezione biellese della FIDAE (l’archivio, che copre il periodo 1945-1990, è ancora in corso di riordino), ma il 28 ottobre del 1920 i “dipendenti delle aziende elettriche” erano attesi in un non meglio identificato “salone di piazza Lamarmora” (quello del Lanificio-scuola “Felice Piacenza”?) per una importante riunione. Sicuramente l’adesione alla FIDAE con una sezione di Biella fu concretizzata nelle settimane appena successive, perché a dicembre la FIDAE biellese era già costituita. Anche questo risultato non mutò le condizioni generali: le agitazioni sindacali continuarono anche a Biella e continuarono anche i disservizi elettrici, con frequenti blackout e razionamenti governativi. Non era colpa degli elettricisti, non serve dirlo, ma è interessante delineare l’ambito entro cui quegli uomini lavoravano e vivevano. La testata socialista “Corriere Biellese” informava sugli sviluppi della lotta sindacale riportando in cronaca gli eventi di quegli anni concitati. La prossima settimana si riprenderà da qui.